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Quando un ospite arriva a Fano e sente che stai ordinando al bar o preparando a casa tua la Moretta, quasi sempre si sorprende. La moretta? E chi è? E’ bella? E tu rispondi: no, è buona! Perché, come ben sa ogni fanese, la Moretta non è una ragazza, ma la tipica bevanda di Fano.
Un caffè con liquori e aromi, una eccezionale bevanda profumata, bella da vedere con la sua ripartizione a strati (miscela alcolica, caffè) ed eccellente da bere.
Sulla Moretta, Sara Cucchiarini ha scritto qualche anno fa un bel libro: “Moretta a Fano“, edito dal Comune di Fano (non so se si trovi ancora in giro, comunque si può provare a chiedere all’Ufficio Turismo).
E rimandando allo studio della Cucchiarini per quel che riguarda storia e origini di questa bevanda (l’autrice, molto appropriatamente, intitola il primo capitolo: ‘Moretta figlia di cento padri’), qui dirò soltanto che la Moretta potrebbe non essere nata nella zona del Porto ma nel centro storico fanese.
Ricordo che agli inizi degli anni Novanta, quando era ancora aperto il quotidiano La Gazzetta di Fano dove lavoravo, la giornalista Anna Marchetti ritrovò un articolo o un manifesto di inizio Novecento in cui la Moretta era indicata come il caffè che gli spazzini bevevano al mattino presto, prima di iniziare il duro lavoro di pulizia con le ramazze.
La stessa Cucchiarini, attenendosi alla scrupolosa ricerca d’archivio eseguita dallo storico Paolo Volpini, spiega che il primo atto di nascita documentato della Moretta è una pubblicità del 1908 su un settimanale locale: è il Caffè Cavour di Giuseppe Armanni che propone “Moretta eccellente al Rhum” a 10 centesimi di lira.
Sta di fatto che oggi la Moretta è a pieno titolo la bevanda della marineria e un tratto distintivo della ‘fanesitudine’. Come scrive il giornalista Massimo Foghetti nelle pagine introduttive del libro della Cucchiarini: “Questa bevanda che riassume in sé l’animo fanese, fatto di genialezze e scontrosità (…) merita di essere posta alla ribalta (…) soprattutto per la predilezione acquisita dai fanesi come legame di cittadinanza: ‘Bevi Moretta? Sei fanese!’… e se sei forestiero, un po’ di Fano entra nel tuo cuore.”
Credo che quasi tutti i fanesi abbiano un rapporto simbiotico con questa bevanda, fatto di quotidianità e di ricordi. Personalmente rammento il congresso nazionale dei DS nel 2001 a Pesaro, che elesse Piero Fassino.
Come segretario della Federazione dei Ristoratori di Confesercenti di Pesaro e Urbino -che avevo appena fondato con Giancarlo Zuccarini, allora segretario provinciale dell’associazione di categoria, e il ristoratore Peppe Cofano- ideai e organizzai, insieme a quel barman eccezionale che è Roberto Piovaticci, a quel tempo delegato Aibes, una degustazione di Moretta fanese a Pesaro, nel Bpa Palas, sede del congresso diessino. Fu una degustazione da record: grazie al Caffè del Porto di Fano, furono servite ben 2.200 morette a delegati, giornalisti, politici e ospiti provenienti da tutto il mondo!
Ingredienti e prepazione della Moretta fanese
Caffè
Anice
Rhum
Cognac
Scorza di limone
Zucchero
Ricordi a parte, è ora di fornire la ricetta della Moretta fanese. Certo, in alcuni bar si bevono Morette fatte ad arte, e oggi la miscela si trova già confezionata e la si può acquistare anche al supermercato, ma volete mettere la soddisfazione di preparare, almeno una volta, la Moretta a casa secondo tradizione?
Apriamo il testo sacro della cucina fanese, il “Tutti a tavola” di Valentino Valentini, edizione Radio Esmeralda 1983. Qui Valentini è sbrigativo: metà caffè e l’altra metà anice e rhum in parti uguali, si guarnisce con scorza di limone e con zucchero. “Alcuni vi aggiungono anche del cognac” chiosa Valentini, specificando, infine, che “La ‘moretta’ va servita calda in un bicchiere da osteria o da punch”.
Se oggi guardiamo agli estetismi di molti barman, capiamo che qui, nella ricetta suggerita da Valentini, non si parla proprio di dividere la Moretta a strati, divisione possibile solo se si adopera una macchina per caffè espresso. In effetti, ho visto coi miei occhi preparare la Moretta dai marinai: senza badare troppo alle dosi, in un ammaccato pentolino facevano scaldare insieme caffè (fatto con la moka), rhum, anice e poi zuccheravano, aggiungendo nel bicchierino di ciascuno la scorzetta di limone.
Nelle prime ricette, il cognac non c’era, ma solo anice e rhum, ma oggi quasi tutti usano i tre liquori. Se vogliamo attenerci alla tradizione marinaresca, i tre liquori dovrebbero essere di quelli popolari dei bottiglioni: Rum Fantasia, Cognac tre stelle, Anice Varnelli.
Il procedimento è il medesimo: metà caffè di moka e l’altra metà con rum, cognac e anice, scorzetta di limone, zucchero. Si scalda e si beve.
Chi volesse, invece, provare a usare il caffè espresso e avere il bicchierino di vetro diviso in tre strati, segua queste indicazioni: nel bicchierino da Moretta verso un paio di cucchiaini di zucchero, e poi le tre parti uguali di rum, anice e cognac. Metto la scorza del limone e scaldo con il beccuccio del vapore della macchina per l’espresso, fino a far sciogliere lo zucchero. A quel punto verso il caffè espresso che avrò preparato in una tazzina, facendolo lentamente scivolare nel bicchierino.
Ora che arriva l’inverno, cosa c’è di meglio di una bella Moretta?
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