Le Marche sono considerate una regione ideale per la coltivazione dei cavolfiori, con notevoli differenze tra le varietà ottenute nei diversi ambiti di coltivazione. Il Cavolfiore di Fano è frutto di una sperimentazione compiuta dai ricercatori dell’università di Bologna, poi proseguita nell’ateneo anconetano, al fine di ottenere una pianta dotata di caratteristiche differenti rispetto alla preesistente varietà di Jesi. Rispetto a quest’ultima si presenta di maggiore dimensione, con colore bianco più intenso e con gusto più sapido. Il Cavolfiore di Fano viene piantato a tarda estate (agosto-settembre) e raccolto tra gennaio e febbraio; il peso alla commercializzazione è di circa 3 chilogrammi. Ha colore bianco candido ed è caratterizzato da cimette ben sviluppate e sode. Pur essendo considerato un cibo “povero”, il cavolfiore viene particolarmente apprezzato nella cucina naturale per le sue proprietà benefiche.
Una sempre più considerevole parte della produzione veniva destinata ai mercati esteri, perché “il cavolo di Fano è varietà abbastanza omogenea e corretta, bene apprezzata sul mercato estero, di forma regolare e di modesta taglia”. La parte del leone, nell’esportazione di questo ortaggio, vede protagonista la famiglia Rupoli (…) Originaria di Orciano, assunse nel tempo il cognome attuale dal toponimo della frazione di provenienza, Rupoli di Orciano, ma di nascita il nome era Di Luca.
Nel secolo scorso, Giovanni Rupoli (1847-1932) dopo un’iniziale vita avventurosa: fuggito di casa a 13 anni, si era arruolato anche nei Corpi Garibaldini, si era sposato a Fano con Anna Lodovichetti ed aveva aperto un’agenzia di “città” che si occupava di consegne presso la Stazione ferroviaria avvalendosi di un somaro, di stazza alquanto grossa, detto “piron”.
(…) Al commercio della frutta di ogni tipo ben presto affiancarono quella dei cavolfiori; questi all’inizio venivano trasportati via mare tramite il trabaccolo, la caratteristica barca fanese da trasporto, in direzione Pola che allora faceva parte dell’impero Austro-Ungarico. Non sempre questo trasporto avveniva in modo agevole: una volta nel corso di una tempesta, Attilio, che essendo il più piccolo dell’equipaggio avvertiva un certo timore, venne deriso dal comandante, un certo Cardinali detto “vulòn”, allora, “per farsi rispettare”, Attilio rifilò “dò bucaton”al comandante che smise di prenderlo in giro.
Qui riporto la ricetta del cavolfiore alla fanese così come l’ho imparata da
Cavolfiore alla fanese, gli ingredienti
Per 4 persone
1 cavolfiore da circa 1 kg.
4 o 5 filetti d’acciughe sott’olio o sotto sale
una decina di olive nere
1 cucchiaio di capperi sotto sale
Sale
Pepe nero macinato
olio extra vergine d’oliva
Cavolfiore alla fanese, la preparazione
Lo immergo in una pentola, coprendolo d’acqua, verso una presa di sale, copro e porto a ebollizione. Faccio bollire per circa 20 minuti.
Lo scolo al dente, croccante, e lo lascio raffreddare.
Nel frattempo sciacquo le alici, eliminando ogni residuo di sale. Le spezzetto e unisco le olive tagliate a fettine e i capperi.
Verso sul cavolfiore, aggiungo l’olio, nulla o un minimo di sale (capperi e alici sono salati da sé), una macinata di pepe nero e servo in tavola, accompagnando il piatto con un vino Bianchello del Metauro.